Esame di Stato 2006 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
PROVA DI ITALIANO (disponibile anche la versione pdf) Per tutti gli indirizzi di ordinamento e sperimentali P000 - ESAMI DI STATO CONCLUSIVI DEI CORSI DI STUDIO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE PROVA DI ITALIANO (per tutti gli indirizzi: di ordinamento e sperimentali) Svolgi la prova, scegliendo una delle quattro tipologie qui proposte. TIPOLOGIA A - ANALISI DEL TESTOGiuseppe Ungaretti, L’isola (da Sentimento del tempo, 1919-1935, e in Vita d’un uomo, Mondadori, 1992)
1 - erasi sciolto: si era staccato,
sollevato Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto,
1888 – Milano, 1970) di famiglia lucchese, dall’Egitto si trasferì
in Europa, desideroso di fare nuove esperienze di vita e di cultura.
Ebbe contatti a Parigi con la poesia simbolista e postsimbolista
e con la filosofia di Bergson. Nella Prima Guerra Mondiale combatté
in Italia, sul Carso. Visse a lungo a Roma. Sue principali raccolte
poetiche: L’Allegria, 1919; Sentimento del tempo,
1933; Il Dolore, 1947; Terra promessa, 1950 (tutte
con successive edizioni ampliate). – 1. Comprensione del testo Partendo dalla presentazione che trovi nelle righe precedenti, dopo aver riletto alcune volte l’intera lirica, riassumine il contenuto informativo (movimenti del poeta nei luoghi; altre presenze reali; figure immaginarie). 2. Analisi del testo
3. Interpretazione complessiva e approfondimenti Riflettendo su questa lirica, e utilizzando le tue conoscenze di altre poesie di Ungaretti, commenta nell’insieme questo testo, per metterne in evidenza la libertà metrica e l’intreccio di richiami simbolici, che sfuggono a una ricostruzione logica ordinaria. Riferisciti anche al quadro generale delle tendenze poetiche, artistiche e culturali del primo Novecento in Italia e in Europa. TIPOLOGIA B - REDAZIONE DI UN “SAGGIO BREVE” O DI UN “ARTICOLO DI GIORNALE”(puoi scegliere uno degli argomenti relativi ai quattro ambiti proposti) CONSEGNE Sviluppa l’argomento scelto o in forma di “saggio breve” o di “articolo di giornale”, utilizzando i documenti e i dati che lo corredano. Se scegli la forma del “saggio breve”, interpreta e confronta i documenti e i dati forniti e su questa base svolgi, argomentandola, la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio. Da’ al saggio un titolo coerente con la tua trattazione e ipotizzane una destinazione editoriale (rivista specialistica, fascicolo scolastico di ricerca e documentazione, rassegna di argomento culturale, altro). Se lo ritieni, organizza la trattazione suddividendola in paragrafi cui potrai dare eventualmente uno specifico titolo. Se scegli la forma dell’ “articolo di giornale”, individua nei documenti e nei dati forniti uno o più elementi che ti sembrano rilevanti e costruisci su di essi il tuo ‘pezzo’. Da’ all’articolo un titolo appropriato ed indica il tipo di giornale sul quale ne ipotizzi la pubblicazione (quotidiano, rivista divulgativa, giornale scolastico, altro). Per attualizzare l’argomento, puoi riferirti a circostanze immaginarie o reali (mostre, anniversari, convegni o eventi di rilievo). Per entrambe le forme di scrittura non superare le quattro o cinque colonne di metà di foglio protocollo. 1. AMBITO ARTISTICO - LETTERARIOARGOMENTO: Il distacco nell’esperienza ricorrente dell’esistenza umana: senso di perdita e di straniamento, fruttuoso percorso di crescita personale. DOCUMENTI
Da' colli Euganei, 11 Ottobre 1797 «Il
sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la
vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere
le nostre sciagure, e la nostra infamia. Il mio nome è nella lista
di proscrizione, lo so: ma vuoi tu ch'io per salvarmi da chi m'opprime
mi commetta a chi mi ha tradito? Consola mia madre: vinto dalle
sue lagrime le ho ubbidito, e ho lasciato Venezia per evitare le
prime persecuzioni, e le più feroci. Or dovrò io abbandonare anche
questa mia solitudine antica, dove, senza perdere dagli occhi il
mio sciagurato paese, posso ancora sperare qualche giorno di pace?
Tu mi fai raccapricciare, Lorenzo; quanti sono dunque gli sventurati?
E noi, purtroppo, noi stessi italiani ci laviamo le mani nel sangue
degl'italiani. Per me segua che può. Poiché ho disperato e della
mia patria e di me, aspetto tranquillamente la prigione e U. FOSCOLO, Ultime lettere di Jacopo Ortis, 1802 «Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari; torrenti, de' quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana!...Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s'imparò a distinguere dal rumore de' passi comuni il rumore d'un passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l'animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov'era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l'amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande.» A. MANZONI, I Promessi Sposi, cap. VIII, 1840 «Era il primo squarcio nella santità
del babbo, la prima crepa nei pilastri che avevano sorretto la mia
vita infantile e che ogni uomo deve abbattere prima di diventare
se stesso. La linea essenziale del nostro destino è fatta di queste
esperienze che nessuno vede. Quello squarcio e quella crepa si richiudono,
si rimarginano e vengono dimenticati, ma in fondo al cuore continuano
a vivere e a sanguinare. H. «Ero partita per il Nord immaginando
che la pena dell'addio si sarebbe consumata al momento dei saluti.
In mezzo a un mondo ricco di novità eccitanti - un mondo che aspettava
solo me -, la mia nostalgia era destinata a sbiadire rapidamente. G. SCHELOTTO, Distacchi e altri addii, Mondadori, 2003 «Siamo tutti migranti. Stiamo permanentemente abbandonando una terra per trasferirci altrove. Siamo migranti quando lasciamo i vecchi schemi e le vecchie abitudini per aprirci a nuove circostanze di vita. Un matrimonio, una separazione, la morte di una persona cara, un viaggio non da turisti, persino la lettura di un libro sono delle migrazioni interiori. Poi c'è la migrazione di chi lascia la madre terra per vivere altrove: una volta gli uccelli, oggi gli uomini. Ogni migrazione esteriore a poco a poco diventa anche interiore. Gli ostacoli possono trasformarsi in occasione di crescita. E' un processo lungo e doloroso. Chi sono? Sono tutti i miei personaggi ("Madame Bovary c'est moi!" diceva Flaubert). Tutte le mie storie hanno qualcosa di me e nascono probabilmente dai miei conflitti interni. Le mie origini sono portoghesi, da parte della famiglia di mio padre, e tedesche (prussiane) da parte di mia madre. Ho vissuto l'infanzia in Brasile, la mia vera patria; penso che il mio italiano sarà sempre un po' lusofonico. Se sono arrivata a destinazione? Fortunatamente no. Solo nel momento della mia morte potrò dire di esserci arrivata. E anche allora penso che inizierò un nuovo viaggio. Una nuova migrazione.» Da un’intervista di C.
Collina alla scrittrice brasiliana Christiana de CALDAS BRITO, «Quando uno parte, si sa, dev’essere
pronto a tornare o a non tornare affatto. È una porta che lui apre
all’interno di una stanza buia, e che a volte si rinchiude da sola
alle sue spalle. Da un’intervista allo
scrittore brasiliano Julio MONTEIRO MARTINS, a cura della redazione
2. AMBITO SOCIO - ECONOMICO ARGOMENTO: Città e periferie: paradigmi della vita associata, fattori di promozione della identità personale e collettiva. DOCUMENTI «Quale uso fare della città? Quale uso se ne è fatto nella Storia? Quante utopie hanno attraversato il concetto sfumato ai bordi di “città ideale”? E quanti abusi? Se rivolgiamo i nostri pensieri alle città europee così come ci sono state consegnate dalla Storia, ecco che i confronti con l’attualità diventano subito un atto dovuto e altrettanto ineludibili i riferimenti ai disagi metropolitani di cui siamo testimoni oltre che recalcitranti vittime designate…I due problemi con i quali ci siamo trovati a fare i conti nelle città europee negli ultimi decenni sono il traffico automobilistico e il degrado o la manomissione dei Centri Storici» L. MALERBA, Città e dintorni, Milano 2001 «La città tradizionale dell’Europa mediterranea,
che viene generalmente presa come modello…, è un organismo a tre
elementi attorno ai quali si ripartiscono le sue attività e si definisce
il suo ruolo. Il primo è l’elemento sacro, che simbolizza la protezione
degli dei e impone dei doveri collettivi, generatori di disciplina.
Il secondo è l’elemento militare, o della sovranità, rappresentativo
del potere e del possesso dello spazio dominato dalla città…Il terzo
è il mercato con i suoi annessi artigianali, luoghi dove si realizza
l’economia specificamente cittadina…Nella misura in cui il mercato
rappresenta il luogo della riunione funzionale della popolazione
attiva della città, esso può divenire simbolo di democrazia...,
ma può anche essere simbolo dell’affermazione dell’autorità del
sovrano…Dovunque si presenti, la città ripropone sempre i tre elementi
mediterranei unendo il sacro, il politico e l’economico…All’inizio
del XX secolo le città europee sono, di fatto, delle città socialmente
settorializzate, esclusivamente su basi qualitative: quartieri di
lusso e quartieri operai, o quartieri poveri…Nella nostra epoca
la prima spinta di crescita urbana che spezza i ritmi lenti e unitari
del passato è quella del periodo che intercorre tra le due guerre
mondiali… Dalla voce Città, curata
da P. GEORGE, nella “Enciclopedia delle scienze sociali”, «Il sopravvento della periferia ha sdoppiato l’identità urbana tra un centro strutturato, sedimentato e riconoscibile e un “resto” per molti aspetti casuale (Vittorini). L’anomalia periferica si presenta in termini relativi come “altro dalla città”, e in termini assoluti, come incompiutezza, disordine, irriconoscibilità, bruttezza: “un nuovo oggetto storico” senza limiti, né soglie; un “dappertutto che è nessun luogo” (Rella)» F. PEREGO, “Europolis
e la variabile della qualità urbana” in AA.VV. Europolis – «Le periferie non sono dei “non luoghi”. Con l’espressione “non luogo” caratterizzo un certo tipo di spazio dentro la nostra società contemporanea. Il “luogo” per un antropologo è uno spazio nel quale tutto fa segno. O, più esattamente, è un luogo nel quale si può leggere attraverso l’organizzazione dello spazio tutta la struttura sociale…Oggi viviamo in un mondo nel quale lo spazio dei “non luoghi” si è di molto accresciuto. “Non luoghi” sono gli spazi della circolazione, del consumo, della comunicazione, eccetera. Sono spazi di solitudine…Prendiamo l’esempio di un supermercato. Ha tutti gli aspetti di un “non luogo”. Ma un supermercato può diventare anche un luogo di appuntamento per i giovani. Talvolta, anzi, è il solo “luogo”. Da questo punto di vista si può dire che le banlieues sono dei “non luoghi” per la gente che viene da fuori…Ma sono, viceversa , dei “luoghi” di vita per molte persone» M. AUGÉ, L’incendio di Parigi, “MicroMega” n. 7/2005 «Se le nostre città non si riqualificano, a cominciare dalle periferie, consegneremo alle nuove generazioni un futuro di barbarie…La più grave malattia delle città si chiama esplosione urbana - dice Piano - una crescita forsennata, che dobbiamo correggere con interventi mirati per integrare il tessuto urbanistico e sociale delle periferie con il resto della città». Quindi, demolire o riqualificare i mostri in cemento nelle periferie? «La demolizione è un rimedio estremo, al quale ricorrere soltanto quando mancano i requisiti minimi della vivibilità, per esempio la luce e la tutela della salute». La seconda proposta riguarda le funzioni dei quartieri periferici. «La loro vita non può ridursi solo alla dimensione residenziale, così sono condannati a trasformarsi in giganteschi dormitori - afferma Piano - non a caso, quando ho progettato l’auditorium a Roma, ho voluto definirlo la fabbrica della musica. Attorno alle sale, in un’area di venti ettari, ho ipotizzato un parco pubblico, negozi, residenze e perfino un albergo». Il terzo punto decisivo del «manifesto» di Renzo Piano riguarda proprio gli architetti e il loro modo di lavorare. «Ogni angolo di territorio urbano che torna a vivere è anche un’opportunità economica. Per tutti - ... - a cominciare dagli architetti. Noi abbiamo bisogno di competenza e di umiltà. Pensare in grande, ma accontentarsi anche di piccoli progetti. E avere sempre una bussola etica perché attraverso la microchirurgia sul territorio può passare anche un nuovo umanesimo della vita urbana. Nelle periferie, l’immigrazione diventa più sostenibile se si impedisce che alla separazione sociale si sovrapponga quella etnica. Come accade, purtroppo, nei quartieri dormitorio» A. GALDO, Periferie: la profezia di Piano, IL MATTINO, 16/11/2005 «La città è anzitutto lo sguardo che
la osserva e l’animo che la vive; …La Città dell’antichità, anche
quando è il centro di un potente impero, appare in una luce di gloria
inseparabile dalla caducità, dall’eterno destino di vanità delle
cose umane: Ninive, Persepoli o Babilonia evocano grandezza e rovina,
indissolubili come le due facce di una moneta; …Atene, culla della
civiltà e della politica mondiale, è la Polis, la città in cui i
rapporti umani sono personali e concreti e tutto è visibile e tangibile,
pure il meccanismo della vita sociale e del potere. Solo Roma -
la Roma imperiale e promiscua del Satyricon - è una metropoli nel
senso moderno, più simile a Londra o a New York che alle città greche,
egizie od orientali dell’antichità. Nella modernità, la città si
identifica con la borghesia - più tardi col proletariato industriale…la
città, con le sue trasformazioni che sventrano e smontano il passato,
è il movimento stesso delle sorti e dei sentimenti umani, il ritmo
della vita e della storia che C. MAGRIS, Amori, speranze, morte, le città della nostra vita, CORRIERE DELLA SERA, 9/9/2005 «La periferia, lo si voglia o no, è la città moderna, è la città che abbiamo costruito…Se non sapremo di questa città cogliere non solo gli aspetti negativi, che sono tanti e indiscutibili, ma anche gli aspetti positivi, difficilmente riusciremo a rovesciare un processo che minaccia di travolgere il senso profondo della città, quella funzione di cui così chiaramente parla Aristotele quando dice che gli uomini hanno fondato la città per vivere meglio insieme… Secondo me la periferia è soprattutto una città non finita o meglio che non ha ancora raggiunto il momento della qualità, ma i famosi centri storici...sono stati anch’essi, prima di raggiungere questa condizione di equilibrio che ne sancisce l’intoccabilità, delle opere non compiute...Perché allora non guardare alla periferia non soltanto con il giusto sdegno che meritano i suoi particolari slegati, le sue caratteristiche di incompiutezza e di mancanza di significato, ma anche con umanistica “pietas” e cioè con amore, come una realtà da affrontare, di cui aver cura, in cui rispecchiare noi stessi in quanto essa è bene o male il prodotto delle nostre illusioni, delle nostre buone intenzioni non realizzate?» P. PORTOGHESI,
Riprogettare la città, in AA.VV.
Europolis – «È delle città come dei sogni: tutto l’immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio, oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra...Anche le città credono d’essere opera della mente o del caso, ma né l’una né l’altro bastano a tener su le loro mura. D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda. – O la domanda che ti pone obbligandoti a rispondere, come Tebe per bocca della Sfinge» I. CALVINO, Le città invisibili, 1972, III 3. AMBITO STORICO - POLITICO ARGOMENTO: Democrazia e nazione, unità d’Italia e d’Europa, libertà e fratellanza sono i cardini del pensiero politico di Giuseppe Mazzini (1805-1872). DOCUMENTI «V’è nella mente di tanti italiani un Mazzini immaginario. V’è un Mazzini patriota, il più ardente patriota: uno dei “quattro fattori d’Italia” bene accostato, nelle poetiche sintesi e nelle narrazioni usuali, a Garibaldi, come a Cavour e a Vittorio Emanuele II;…V’è un Mazzini cospiratore…V’è un Mazzini pensatore sprofondato a dettare comandamenti, precetti morali, a formulare una dottrina morale, non solo per la politica ma per l’economia sociale…V’è un Mazzini quasi quasi ancora interessante, eccitatore di meditazioni, di elucubrazioni sul fatale andare dell’evoluzione sociale, sui guai che essa conduce seco; c’è un Mazzini morto per il tempo nostro, cioè superato, e non in grado di rispondere alle imperiose domande dell’attualità…Vorrei dir meglio: che sia giunto il momento dell’inizio di un serio studio del pensiero mazziniano, per il quale siano bandite la predica delle formule, la ripetizione delle frasi fatte, la retorica di inconcludenti cosiddetti cultori delle dottrine del (iniziale maiuscola) Maestro, e siano seguite indicazioni e ispirazioni per un’azione feconda di tutti coloro i quali sono impegnati nella politica, nel movimento sociale?» G. CONTI, Alle fiamme il manichino, in G. Mazzini. L’uomo e le idee, Roma, Edizioni Nuova Repubblica, 1998 Dal Manifesto
del triumvirato della Repubblica Romana (Armellini, Mazzini, Saffi),
5 aprile 1849: G. MAZZINI, Scritti, Roma, 1877, vol. VII «La tendenza democratica dei nostri tempi, il moto di ascesa delle classi popolari desiderose di prender parte alla vita politica – finora riservata a una cerchia di privilegiati – non è più un sogno utopico, né un’incerta previsione: è un fatto, un grande fatto europeo che occupa ogni mente, incide sugli indirizzi dei governi, sfida ogni opposizione…Le idee che hanno agitato per lungo tempo il campo della Democrazia, quando vengono ponderatamente esaminate, possono essere raggruppate in due grandi dottrine; le quali, a loro volta, potrebbero essere riassunte in due parole: Diritti e Doveri. Dietro queste due grandi dottrine ci sono certo numerose varietà, e le varietà apparenti sono ancora di più…la Democrazia è soprattutto un problema educativo, e poiché il valore dell’educazione dipende dalla verità del principio su cui si basa, l’intero futuro della Democrazia è condizionato da tale questione». G. MAZZINI, in
“People’s Journal”, n. 35, 28/8/1846 e
n. 40, 3/10/1846, ora in «Dubito che, nella sua generazione, ci sia stato nessuno che abbia esercitato sui destini dell’Europa un’influenza altrettanto profonda. La carta dell’Europa quale la vediamo oggi è quella di Giuseppe Mazzini. Mazzini è stato il profeta della libera nazionalità…Lo splendido edificio innalzato da Bismarck è miseramente disfatto, ma i sogni di quel giovane, venuto in Inghilterra come esule e vissuto qui anni e anni in povertà, vivendo della carità degli amici e armato soltanto della sua penna, sono ora diventati stupefacenti realtà in tutto il continente…Non ci ha insegnato soltanto i diritti di una nazione: ci ha insegnato i diritti delle altre…Mazzini è il padre dell’idea della Lega delle Nazioni». LLOYD GEORGE, in “The Times”, 29/6/1922, riportato in Denis MACK SMITH, Mazzini, Milano, Rizzoli, 1993 «Non si può ricordare degnamente Mazzini senza mettere in rilievo il fondamento etico-religioso del suo pensiero politico, che tendeva ad un laicismo che non fosse privo di spiritualità, e ad una politica che non mancasse di moralità». L. STURZO, Dio e popolo (12 maggio 1949), in G. Mazzini. L’uomo e le idee, Roma, Edizioni Nuova Repubblica, 1998 4. AMBITO TECNICO - SCIENTIFICO ARGOMENTO: Finalità e limiti della conoscenza scientifica: che cosa ci dice la scienza sul mondo che ci circonda, su noi stessi e sul senso della vita? DOCUMENTI «Noi sentiamo che, anche una volta che tutte le possibili domande scientifiche hanno avuto risposta, i nostri problemi vitali non sono ancora neppur toccati. Certo allora non resta più domanda alcuna; e appunto questa è la risposta». L. WITTGENSTEIN, Tractatus logico-philosophicus, 1921, 6.52 «Viviamo in un mondo che ci disorienta con la sua complessità. Vogliamo comprendere ciò che vediamo attorno a noi e chiederci: Qual è la natura dell’universo? Qual è il nostro posto in esso? Da che cosa ha avuto origine l’universo e da dove veniamo noi?…quand’anche ci fosse una sola teoria unificata possibile, essa sarebbe solo un insieme di regole e di equazioni. Che cos’è che infonde vita nelle equazioni e che costruisce un universo che possa essere descritto da esse? L’approccio consueto della scienza, consistente nel costruire un modello matematico, non può rispondere alle domande del perché dovrebbe esserci un universo reale descrivibile da quel modello. Perché l’universo si dà la pena di esistere?...Se però perverremo a scoprire una teoria completa, essa dovrebbe essere col tempo comprensibile a tutti nei suoi principi generali, e non solo a pochi scienziati. Noi tutti - filosofi, scienziati e gente comune - dovremmo allora essere in grado di partecipare alla discussione del problema del perché noi e l’universo esistiamo. Se riusciremo a trovare la risposta a questa domanda, decreteremo il trionfo definitivo della ragione umana: giacché allora conosceremmo la mente di Dio» S. HAWKING, Dal Big Bang ai buchi neri, 1988 «Come l’arte, anche la scienza non è affatto semplicemente una attività culturale dell’uomo. La scienza è un modo, e un modo decisivo, in cui si presenta a noi tutto ciò che è. Per questo dobbiamo dire che la realtà, entro la quale l’uomo odierno si muove e si sforza di mantenersi, è codeterminata in misura crescente nei suoi tratti fondamentali da ciò che si usa chiamare la scienza occidentale o la scienza europea. Se riflettiamo su questo processo, vediamo che la scienza, nel mondo occidentale e nelle varie epoche della storia di questo, ha sviluppato una potenza mai prima conosciuta sulla terra ed è sul punto di estendere conclusivamente questa potenza su tutto il globo terrestre. Si può dire che la scienza sia solo un prodotto dell’uomo sviluppatosi fino a questo livello di dominio, così che ci si potrebbe aspettare che un giorno…sia anche possibile rovesciare questo suo dominio? Oppure qui domina un destino di più ampia portata? Forse nella scienza c’è qualcos’altro che domina, oltre al puro voler-sapere dell’uomo? In effetti è proprio così. C’è qualcos’altro che qui domina. Ma questo altro ci si nasconde, fino a che rimaniamo attaccati alle rappresentazioni correnti della scienza» M. HEIDEGGER, Scienza e meditazione, Conferenza tenuta a Monaco il 4/8/1953, ora in Saggi e discorsi, 1957 «I progressi della scienza sono un capitolo tra i più affascinanti nella storia del nostro tempo. I suoi enormi successi sono stati raggiunti, peraltro, attraverso una delimitazione metodica. Ci si è limitati strettamente e del tutto consapevolmente a ricercare soltanto ciò che poteva essere misurato e contato. Ma ogni delimitazione comporta anche dei confini e dunque sono “rimaste fuori” tutte le questioni che riguardano il perché dell’esistenza, da dove veniamo, dove andiamo». Quindi? «Se gli scienziati affermassero che quanto hanno scoperto esaurisce tutta la realtà, si avrebbe un superamento dei limiti. E allora si deve replicare, non tanto per motivi di fede ma per motivi di ragione: “Questo è troppo poco”. L’intelligenza umana va oltre il misurabile e l’enumerabile. Arriva anche alle grandi questioni metafisiche, alla domanda di senso» Da un’intervista a Ch. Schoenborn, in M. POLITI, C’è un Disegno nell’universo, LA REPUBBLICA, 6/11/2005 «Ogni volta che un filosofo vi dirà di aver scoperta la verità definitiva non credetegli; e non credetegli neppure se vi dirà di aver individuato il bene supremo. Egli, infatti, si limiterebbe a ripetere gli errori commessi dai suoi predecessori per duemila anni…Si pretenda dal filosofo che sia modesto come lo scienziato; allora egli potrà avere il successo dell’uomo di scienza. Ma non gli si chieda che cosa dobbiamo fare. Ascoltiamo piuttosto la nostra volontà e cerchiamo di unirla a quella degli altri. Il mondo non ha alcuno scopo o significato all’infuori di quello che vi introduciamo noi» H. REICHENBACH, La nascita della filosofia scientifica, 1951, trad. it. 1961 «La scienza, che cominciò come ricerca della verità, sta divenendo incompatibile con la veridicità, poiché la completa veridicità tende sempre più al completo scetticismo scientifico. Quando la scienza è considerata contemplativamente, non praticamente, ci si accorge che ciò che crediamo lo crediamo per la nostra fede animale, e che alla scienza dobbiamo solo i nostri disinganni. Quando, d’altro canto, la scienza si considera come una tecnica per la trasformazione di noi stessi e di quanto ci sta attorno, vediamo che ci dà un potere del tutto indipendente dalla sua validità metafisica. Ma noi possiamo solo usare questa potenza, cessando di rivolgerci delle domande metafisiche sulla natura della realtà. Eppure queste domande sono la testimonianza dell’atteggiamento di amore verso il mondo. Così, solo in quanto noi rinunciamo al mondo come amanti, possiamo conquistarlo da tecnici. Ma questa divisione dell’anima è fatale a ciò che vi è di meglio nell’uomo. Non appena si comprende l’insuccesso della scienza considerata come metafisica, il potere conferito dalla scienza come tecnica si otterrà solo da qualcosa di analogo alla adorazione di Satana, cioè, dalla rinuncia dell’amore…La sfera dei valori sta al di fuori della scienza, salvo nel tratto in cui la scienza consiste della ricerca del sapere. La scienza, come ricerca del potere, non deve ostacolare la sfera dei valori, e la tecnica scientifica, se vuole arricchire la vita umana, non deve superare i fini a cui dovrebbe servire» B. RUSSELL, La visione scientifica del mondo, cap. XVII, 1931 «Le mere scienze di fatti creano meri uomini di fatto…Nella miseria della nostra vita – si sente dire – questa scienza non ha niente da dirci. Essa esclude di principio proprio quei problemi che sono i più scottanti per l’uomo, il quale, nei nostri tempi tormentati, si sente in balìa del destino; i problemi del senso o del non-senso dell’esistenza umana nel suo complesso…concernono l’uomo nel suo comportamento di fronte al mondo circostante umano ed extra-umano, l’uomo che deve liberamente scegliere, l’uomo che è libero di plasmare razionalmente se stesso e il mondo che lo circonda. Che cos’ha da dire questa scienza sulla ragione e sulla non-ragione, che cos’ha da dire su noi uomini in quanto soggetti di questa libertà?…La verità scientifica obiettiva è esclusivamente una constatazione di ciò che il mondo, sia il mondo psichico sia il mondo spirituale, di fatto è. Ma in realtà, il mondo e l’esistenza umana possono avere un senso se le scienze ammettono come valido e come vero soltanto ciò che è obiettivamente constatabile, se la storia non ha altro da insegnare se non che tutte le forme del mondo spirituale, tutti i legami di vita, gli ideali, le norme che volta per volta hanno fornito una direzione agli uomini, si formano e poi si dissolvono come onde fuggenti, che così è sempre stato e sempre sarà, che la ragione è destinata a trasformarsi sempre di nuovo in non-senso, gli atti provvidi in flagelli? Possiamo accontentarci di ciò, possiamo vivere in questo mondo in cui il divenire storico non è altro che una catena incessante di slanci illusori e di amare delusioni? » E. HUSSERL, La crisi delle scienze europee, ed. post. 1959, § 2, passim TIPOLOGIA C - TEMA DI ARGOMENTO STORICOO.N.U., Patto Atlantico, Unione
Europea: tre grandi organizzazioni internazionali di cui
l’Italia è Stato membro. TIPOLOGIA D - TEMA DI ORDINE GENERALECampagne e paesi d’Italia recano ancora
le tracce di antichi mestieri che la produzione industriale non
ha soppiantato del tutto e le botteghe artigiane continuano ad essere
luoghi di saperi e di culture ai quali l’opinione pubblica guarda
con rinnovato interesse. Contemporaneamente, anche il mondo dell’artigiano
è stato investito dalla innovazione tecnologica che ne sta modificando
contorni e profilo. ____________________________
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