www.liceoariosto.it

 

Associazione "PASSAGGI. Le scienze sociali in classe"   LA FESTA DELLA DIDATTICA

Lucia Marchetti

 

 

 

Coinvolgimento e distanza

 

Tra i problemi di fondo a cui la scuola deve rispondere ce n’è uno basilare rappresentato dal senso dell’apprendere che, per i nostri studenti, ma forse anche per noi insegnanti, sembra essere sempre più sfumato e lontano. Una via per individuare questo ‘senso’ sta nella valorizzazione della funzione civica della scuola, nel suo rapporto con la comunità. Le ricerche sull’apprendimento scolastico dimostrano, infatti, che esso è più efficace e duraturo quando si compie in un contesto di significati condivisi, dentro e fuori la scuola. Non solo, ma l’apprendimento è più efficace quando riesce a costruire collegamenti fra lo studio in classe e il mondo fuori della scuola.

 

Dice al proposito Lauren Resnick: “(La scuola) è anche un luogo dove viene svolto un particolare tipo di lavoro, un lavoro intellettuale che comporta riflessione e ragionamento. Al suo meglio questo lavoro si ritrae dal mondo quotidiano al fine di analizzarlo e di valutarlo, pur restando coinvolto con quel mondo in quanto oggetto di riflessione e ragionamento. Se noi diamo valore alla ragione e alla riflessione nella vita sociale, politica o personale, dobbiamo preservare un luogo dedicato ad imparare come affrontare questi processi estremamente importanti. La scuola, nella sua migliore espressione, è questo luogo. Qui si possono coltivare il ragionamento e la riflessione, e possono svilupparsi quelle conoscenze culturali condivise che consentono a un popolo di funzionare come una vera società1

 

La festa della didattica può rappresentare un’occasione strategica di realizzazione di quella comunità di cui si parla nei documenti, “realizzare questa immagine richiederà una coscienza civica che va oltre quella individualista dei modelli correnti di apprendimento scolastico, e che si affida a modelli di funzionamento intellettuale condiviso con quelli visibili nei migliori ambienti di lavoro. La creazione di tale coscienza civica – attraverso il lungo apprendistato in quel tipo speciale di comunità che solo la scuola può creare, grazie a quel grado di distanza e insieme di coinvolgimento che le sono propri, può essere la sfida più importante che la ricerca e le riforme dell’educazione devono oggi affrontare” (ibidem)

 

Se questa prospettiva fa da sfondo teorico alla festa della didattica, una diversa, ma non meno importante funzione a cui può rispondere è quella di mettere insieme gli attori del processo, di farli incontrare e interagire, anche emozionalmente, attorno ai prodotti che gli studenti, protagonisti, hanno costruito durante l’anno scolastico. In genere gli incontri tra professori e genitori si concentrano sulle valutazioni del profitto, mentre qui l’apprendimento è evidente, ma lo è in forma indiretta, è il presupposto e non l’oggetto. Per arrivare alla festa ogni studente ha ripensato tutto il lavoro scolastico, ha valutato e scelto e si è preoccupato/a di una forma comunicativa efficace e gradevole. Si tratta di procedure che rafforzano l’apprendimento, ma lo fanno attraverso il piacere, in una forma di gioco semiserio destinato a fruitori per i quali si prova un forte coinvolgimento.

 

 

L’esperienza

 

Da alcuni anni nel nostro istituto, ma in particolare nell’indirizzo di scienze sociali, durante gli ultimi giorni di scuola organizziamo incontri che rispondono a una generale esigenza di ricomporre attorno agli allievi e alle allieve il loro microcontesto sociale, ma che si differenziano tra biennio e triennio. Nel biennio la classe allestisce una mostra dei lavori che meglio danno il senso del percorso compiuto, vengono privilegiati quelli che sono il risultato di una integrazione tra più discipline oppure lavori che si sono rivolti all’extrascuola o che riguardano problemi di ordine etico-civile nei quali si desidera coinvolgere i genitori. Per esempio la ricerca-studio sulle nuove forme di schiavitù ha spinto una classe ad organizzare raccolte di fondi da destinare ad organizzazioni umanitarie e a coinvolgere le famiglie nell’allestimento del mercatino. Ogni studente può invitare anche persone a cui tiene particolarmente, si preoccupa, con i compagni, di preparare anche un semplice rinfresco e di dare a questo incontro la caratteristica di una festa-cerimonia di chiusura di un periodo di lavoro. Spesso vengono i nonni e i fratelli e qualche volta anche un insegnante della scuola media a cui lo studente tiene in modo particolare. I lavori vengono illustrati e per ogni settore si cerca di riservare uno spazio fisico ben allestito e un gruppo di allievi che se ne occupi. Ogni allievo/a ha un compito preciso nell’organizzazione generale e ognuno deve concorrere al successo della festa. I genitori o i nonni fotografano e riprendono e alla fine del quinquennio è possibile, così, ricostruire le tappe del viaggio, rivedere i cambiamenti e constatare che si è diventati grandi, o più vecchi, nel caso degli insegnanti… in una concezione di crescita come un ‘tenere insieme’ piuttosto che uno scartare. Nel triennio questi momenti assumono una veste più ufficiale e più aperta ad altri attori della comunità locale.

 

Poiché nel triennio vengono svolti, per ogni anno, gli stage formativi, si approfitta della festa della didattica per ufficializzare la conclusione dello stage con la presentazione dei dossier che sintetizzano tutto il lavoro, negli aspetti teorici, in quelli di resoconto di osservazione diretta e di riflessione critica. Alla presenza delle famiglie e degli operatori che hanno seguito i ragazzi nello stage, si organizza una ‘tavola rotonda’, condotta in prima persona da alcuni studenti, in cui si fa il punto sul settore che lo stage ha osservato – nel nostro caso si tratta di aspetti del sociale – si evidenziano le criticità e si fanno domande. Si tratta di momenti preziosi di incontro in cui la generazione adulta parla coi giovani dei temi della città, dei problemi, dei mutamenti storici, delle scelte che sono state fatte, a volte faticose e problematiche. Attraverso i ragazzi e le ragazze spesso anche gli adulti possono parlare tra loro e trovare un’occasione di confronto che magari la quotidianità non consente e non prevede. Si può verificare così quel felice momento di costruzione vera della polis, di una società civile che si dà un luogo neutro di confronto e lo fa davanti alla generazione che sta crescendo e che, prima o poi, dovrà prendere le redini della città.

 

 

 

[1] L.B. Resnick, Imparare dentro e fuori la scuola in Pontecorvo, Ajello, Zucchermaglio (a cura di) I contesti sociali dell’apprendimento, Led , Milano 1995

 

 

 

 

 

www.liceoariosto.it