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Il tirocinio nell’indirizzo di Scienze Sociali Lucia Marchetti
La storiaIl progetto di uno stage nell’Indirizzo di Scienze Umane del Liceo classico "Ludovico Ariosto" di Ferrara comincia ad essere pensato e progettato nei primi Anni Ottanta, quando ancora erano forti le spinte per un raccordo tra scuola e mondo esterno, per un ripensamento del rapporto tra teoria e prassi, tra studio e lavoro, e per una revisione del modo di fare e stare a scuola, anche in concomitanza dell’esperienza delle 150 ore. La progettazione viene avviata dalle insegnanti dell’area di scienze umane sostenute dal Preside e dall’Assessore alla Sanità del Comune di Ferrara. L’idea di fondo c’è già, ma viene negli anni modificata e perfezionata sulla base dell’esperienza e delle indicazioni del Dipartimento di Filosofia e Storia del Liceo, nonché di esperti e operatori dei servizi che collaborano con noi. Il primo stage nei servizi sociali si attua nell’anno scolastico 1983-84. Nell’anno scolastico 1986-87 viene firmato un Protocollo di Intesa tra Provveditorato agli Studi, Comune di Ferrara e USL 31che stabilisce i compiti delle parti e l’assegnazione di sei borse di formazione a studenti del Liceo per lo svolgimento di stage estivi presso i servizi sociali del territorio. Parallelamente si sviluppava un progetto di intervento anche nella scuola elementare e così si è proceduto fino all’anno scolastico 1995-96, quando si è introdotto uno stage nei nidi e nelle scuole materne del Comune di Ferrara. Il Decreto interministeriale del 10 Marzo 1997, ha soppresso il corso di studi ordinario dell’istituto magistrale a partire dall’a.s. 1998-99 e ha previsto "una nuova tipologia di istituto di istruzione secondaria di secondo grado". Il nostro liceo ha cominciato a sperimentare il nuovo modello grazie al curricolo Proteo che anticipa nel quadro orario e in alcune scelte di contenuti la scuola dell’autonomia. Abbiamo scelto in modo più netto la chiave antropologico-sociale e aperto la via a scelte diverse per la dimensione pratico-operativa del corso. Sono stati progettati stage nel mondo della fabbrica e del sindacato, in associazioni impegnate nel recupero dell’obbligo in aree a rischio, e in istituzioni che si occupano di tutela dell’ambiente. Tutto ciò va a sostituire il tirocinio nella scuola elementare che risulta superato dall’attuazione solo ora avvenuta della legge del 1974 che prevedeva la formazione universitaria per i maestri. Nel quadro finora delineato si colloca, a partire dal 1996, lo stage all’estero, che, se nelle linee generali ripropone le modalità degli altri, costituisce un ulteriore arricchimento del curricolo, aperto al confronto con realtà culturali altre, e riservato a pochi studenti, scelti per una sicura padronanza della lingua straniera, per una forte motivazione a conoscere abitudini e soluzioni organizzative diverse ai problemi, per una solidità complessiva nella preparazione e per una presumibile capacità di reagire positivamente alla novità. Si tratta di una scelta pedagogica precisa, adottata dalla scuola in questi ultimi anni, che tende a riconoscere e valorizzare i talenti e l’impegno degli studenti, e che integra una prassi da tempo consolidata più improntata al recupero delle competenze e a colmare lo svantaggio culturale. Questa nuova modalità di tirocinio prende l’avvio con uno stage a Bruxelles, in una scuola Decroly, figura di primo piano nella pedagogia innovativa assieme a Freinet, Steiner e Montessori (cfr. Libro Bianco), attuato in collaborazione e con il contributo dell’Assessorato all’Istruzione del Comune di Ferrara. Nel Febbraio del 1997 partono cinque studentesse e due insegnanti che trascorrono a Bruxelles dieci giorni: l’esperienza si rivela un successo sotto il profilo culturale ed umano, di grande impatto formativo non solo per le studentesse, ma anche per le insegnanti. Nell’Aprile 1999 uno studente, quattro studentesse, due insegnanti, una psichiatra e una infermiera psichiatrica della ASL di Ferrara svolgono un tirocinio a Boulder (Co) sul tema della lotta allo Stigma in un paese, gli Stati Uniti, privo di Welfare State. Il viaggio è finanziato dall’Assessorato alla Sanità del Comune di Ferrara, anche in previsione di un gemellaggio tra le due città e tra due progetti di intervento sul disagio mentale, la Clubhouse. Si rivelerà un’esperienza straordinaria per tutti che troverà un riscontro nel convegno avvenuto a Ferrara nel Febbraio di quest’anno dove, alla presenza dell’assessore e di tutti gli operatori che avevano partecipato al progetto, una nostra allieva è intervenuta con una riflessione sul Welfare state e la sua crisi. Dall’a.s. 1999-2000 ho rrcoperto la funzione-obiettivo finalizzata ad estendere il tirocinio negli altri indirizzi presenti nel liceo: classico, linguistico, scientifico e tecnologico. Il mio compito consisteva nell’aiutare i colleghi degli altri indirizzi con l’incarico del tirocinio ad affrontare i problemi che si presentano e che sono diversi per ogni contesto. Si va dalla stesura del progetto, alla scrittura di una lettera formale, dalla costruzione di una convenzione alla organizzazione del 15% dell’orario da attribuire al lavoro di tirocinio e da distribuire tra tutti i colleghi del consiglio... e altro come semplicemente ascoltare i dubbi e rinforzare, insomma essere un’ ‘aiutante amichevole’. Mi sembra una buona idea, perché non impone nulla, offre una mano se viene richiesta, e la offre su bisogni precisi e non predefiniti. Potrebbe essere un buon esempio di flessibilità nel lavoro. Nell’a.s. 2000-2001 tutti gli indirizzi hanno in cantiere progetti di tirocinio e la mia funzione si limita a creare qualche occasione di incontro per confrontare i diversi modelli, ma soprattutto a stabilire parametri per la valutazione. Non è escluso che per il prossimo anno la mia funzione possa diventare inutile.
I rapporti con le istituzioni del territorio.Circa vent’anni di esperienza di tirocinio hanno contribuito a costruire rapporti sedimentati con le istituzioni della città, prevalentemente quelle pubbliche. Si è trattato di una scelta intenzionale che pensava il rapporto tra istituzioni in un quadro di co-educazione, in cui ognuno ha ruoli definiti e certamente alla scuola spetta quello eminentemente formativo, ma al pubblico può essere riconosciuto uno spazio di azione sugli aspetti che si riferiscono più direttamente alla cittadinanza, ai diritti, ai doveri, alla costruzione di una comune responsabilità nella gestione della cosa pubblica e nella individuazione di risposte ai bisogni. Su questi aspetti a me pare che siamo agli inizi e che vadano trovate nuove vie per togliere steccati che inducono ognuno a guardare solo al proprio interno e a mal sopportare lo sguardo di chi viene da fuori. Non si tratta quindi solo di una necessità pedagogica o civile, ma direi quasi etica, l’avvio di uno spazio di confronto e di costruzione di significati. Questa era l’idea di partenza e in parte questo è stato il risultato, in particolare per quelle istiuzioni che più di altre hanno a che fare con i bisogni più radicali, come la sopravvivenza, la salute, l’emarginazione, il lavoro, l’ambiente... Va sottolineato, tuttavia, che il rapporto tra istituzioni sta diventando sempre più faticoso e difficile. Come sempre esso poggia sulle persone, sulle loro sensibilità e valori. Ma è purtroppo vero che lavorare nei servizi, compresa la scuola, sta diventando molto faticoso; il personale è sempre più oberato di compiti e di responsabilità a fronte di riduzioni di spesa e di operatori e quindi l’organizzazione degli stage sta diventando di nuovo un problema. Si sente la stanchezza a volte accompagnata da insofferenza per cui accade che questo rapporto tra istituzioni debba essere di anno in anno ricontrattato. Forse occorre uscire da una modalità artigianale e porre le basi per la costruzione di canali di scorrimento veloce nelle relazioni interistituzionali, tuttavia in questo processo è fondamentale non perdere di vista la finalità, che rimane eminentemente formativa e decisa in prima istanza dalla scuola, magari discussa e confrontata con le realtà esterne, ma affidata nella responsabilità alla scuola. Un secondo pericolo - conseguente al primo - di una nuova modalità di rapporti interistituzionali pre-organizzati potrebbe essere costituito dagli effetti perversi tanto studiati dalla sociologia dell’organizzazione. La gabbia della burocrazia diviene sempre più soffocante e il/la docente occupa tanta parte del suo tempo, prima a capire e poi ad entrare nei suoi meandri. Né, d’altra parte, è consigliabile una separazione di funzioni, cioè al docente di classe viene affiancato un docente di tirocinio. Occorre che l’insegnante di classe sia sollevato di una parte di orario per fare anche questo, ma non deve perdere il contatto con la classe, deve riuscire a mantenere il senso della totalità dell’esperienza, deve riuscire a integrare i diversi aspetti, la teoria, la pratica e la riflessione. L’esperienza mi ha dato modo di osservare come solo questa via consenta di cambiare e di riformulare i percorsi di apprendimento sulla base di criteri di riflessione consapevole e matura. Insomma ci vuole qualcuno o un piccolo gruppo che faccia memoria, che rielabori e che restituisca l’insieme dei processi in una chiave di senso. Come
dicevo sopra il rapporto con le istituzioni del territorio è
cominciato con l’assessorato alla sanità del Comune e si è
allargato velocemente soprattutto negli ultimi anni. Ora si svolgono
tirocini nei seguenti settori:
Il modelloPur nella diversità di contenuto gli stage presentano una struttura abbastanza simile che negli anni ha mostrato di "tenere" e anche di essere suscettibile di modificazioni e di applicazioni in più settori. Si possono, quindi, individuare alcuni elementi strutturali. 1.
Il rapporto con il curricolo 2.
I contenuti - Classe
terza Baby observation. - Classe
quarta L'Assistenza pubblica di fronte ai bisogni: i servizi della
ASL come osservatorio privilegiato. - Classe
quinta Percorsi nella società complessa. 3.
Il percorso di lavoro. b.
Fase teorica. Novembre - Marzo/Aprile Gli/le studenti gradualmente si costruiscono una mappa di riferimento sia rispetto al tema, sia rispetto al settore di intervento, ascoltano voci diverse e le mettono a confronto sul problema che in seguito andranno ad osservare nella realtà. Inoltre devono cominciare a preparare i primi incontri e prevedere, rispetto al tema dell'incontro, quali conoscenze precedentemente acquisite potrebbero essere utili per fare domande o per intervenire in modo significativo. Se non le possiedono, si documentano. In questo processo si viene progressivamente definendo il gruppo relativo al settore che diventerà oggetto di osservazione: esso diventerà riferimento principale del singolo e dell'insegnante e procederà verso un'autonomia sia di organizzazione interna sia di ricerca. L'insegnante svolge principalmente un ruolo di sostegno e di raccordo, ma si decentra progressivamente fino a rimanere "dietro le quinte" nella fase pratica. c.
Fase pratica. Marzo/Aprile d.
Fase di riflessione. Maggio e.
Fase conclusiva. Giugno
La metafora del tirocinioTermino con una metafora che ha accompagnato questi anni di lavoro ed è servita a noi insegnanti e agli/le allievi/e per orientarsi nel ‘viaggio’ del tirocinio. È di Franca Olivetti Manoukian il cui pensiero è stato un riferimento costante dell’esperienza. "Per
essere più chiara faccio ricorso paradossalmente ad una metafora.
Il tirocinio potrebbe essere una sorta di viaggio organizzato in un
paese sconosciuto o anche soltanto una visita guidata ad un castello,
ad un palazzo, ad una fabbrica. Il viaggio o la visita vengono predisposti
affinché chi ha manifestato degli interessi di conoscenza possa
prendere contatto, possa rendersi conto di persona. È opportuno
che non vada da solo perché ha poco tempo a disposizione, perché
non è molto esperto, perché non conosce la lingua, perché
il territorio, il castello o la fabbrica, presentano delle insidie.
Il viaggio deve essere preparato da qualcuno che conosce bene il paese
e non solo perché ci vive, qualcuno cioè che lo ha esplorato
e studiato, che sa di storia, di arte, di geografia, di economia...
E deve essere preparato anche immaginando interessi e curiosità,
esigenze e domande dei visitatori: verranno così costruiti dei
percorsi a tappe, verranno previste soste per apprezzare luoghi e monumenti
più significativi, verranno proposti itinerari alternativi, verranno
ipotizzati anche dei tempi liberi, che il visitatore potrà gestirsi
anche in modo autonomo. Se questi viaggi sono dei pacchetti standard
proposti da agenzie poco qualificate, anche i visitatori sono praticamente
impacchettati e trasportati da un albergo all'altro e non hanno di fatto
alcun rapporto con il paese che visitano: tutto è filtrato dall'agenzia
che suggerisce perfino l'acquisto delle cartoline. Se invece, per andare
all'estremo opposto, il viaggio è inteso come avventura culturale
ed umana, i riferimenti saranno minimi, le istruzioni limitate, ci si
arrangerà via via, si decideranno contestualmente gli itinerari,
sopportando inevitabilmente ritardi, disagi, situazioni spiacevoli.
Bibliografia Riferimenti
teorici Rivista
"Sensate Esperienze" Quaderni
del Liceo Classico L.Ariosto Ferrara
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