Cenni storici e geomorfologici

Per comprendere l’assetto attuale del territorio nord-orientale della provincia di Ferrara, all’interno del quale si trova la Stazione n. 1 Volano-Mesola-Goro del Parco Regionale del Delta del Po, è necessario riferirsi alle vicissitudini storiche e geomorfologiche che hanno interessato tutto il territorio padano orientale ed, in particolare, il Delta storico del fiume Po.
 

La morfologia complessiva del Delta padano è fondamentalmente di natura sedimentaria. In condizioni naturali durante le piccole alluvioni, tipiche dei periodi piovosi, il fiume deposita i propri sedimenti sull’alveo, sugli argini e in prossimità di essi diventando, nel corso del tempo, pensile rispetto all’ambiente circostante. Solo in caso di straripamenti più consistenti i sedimenti vengono depositati anche in zone più distanti dal fiume. L’innalzamento del suolo, conseguenza del deposito di sedimenti, è contrastato dalla subsidenza, che per effetto dello schiacciamento degli strati sedimentari al di sotto del loro stesso peso provoca l’abbassamento del territorio. In generale, le aree vicine al fiume sono più elevate rispetto a quelle interfluviali; come conseguenza di questa situazione, in caso di alluvioni particolarmente violente il fiume defluisce nelle aree depresse e individua un nuovo alveo ricominciando il processo di pensilizzazione. In tal modo, col passare dei millenni, i sedimenti si distribuiscono sul territorio e i fiumi, assieme agli ambienti vallivi, cambiano la loro disposizione geografica.
 

Dune litoranee (CP)Caratteristica degli ambienti costieri della bassa pianura è la presenza di cordoni litoranei: l’azione dei venti che soffiano dal mare causa lo spostamento della sabbia, che accumulandosi crea cordoni dunosi paralleli all’andamento della costa non lontano dalla battigia. Al tempo stesso l’apporto di sedimenti che i fiumi depositano in mare causa un lento avanzamento della linea di costa, e quindi la formazione di nuovi cordoni litoranei. Nascono quindi serie di cordoni dunosi che procedono, spazialmente e cronologicamente, dall’entroterra verso il mare, in vicinanza del quale troveremo quelli di più recente formazione.

 

Nell’antichità il Padoa era il principale ramo del Po, ma nel corso del VII secolo d.C. cominciò la sua lenta e irrefrenabile estinzione. Una rotta presso l’attuale Ferrara portò alla nascita di due nuovi rami: il Po di Primaro e il Po di Volano 1. Sempre intorno al VII secolo si sviluppò il Gaurus, un ramo del Volano che sarà attivo per tutto il medioevo. Nel IX secolo la foce del Gaurus occupava la zona dove ora si trova Mesola, mentre a sud avveniva il consolidamento del cordone litoraneo che da Massenzatica giungeva sino al Delta del Po di Volano. Nel XII secolo il processo di pensilizzazione del Primaro e del Volano era avanzato al punto da provocare frequenti esondazioni che culminarono, nel 1152, con la Rotta di Ficarolo e la nascita del ramo attuale del Po. In questo periodo il rilancio generalizzato dell’agricoltura ha effetti anche nel territorio del Ferrarese orientale, dove i monaci Benedettini avviano un’importante opera di bonifica, con lavori di costruzione di argini, di canali e di chiaviche e adattamenti viari.

Rete idrografica del Delta Padano nel VII-VIII secolo d.C. (Bn)

 

Il nuovo corso del Po, conseguente alla Rotta di Ficarolo, determinò nei secoli una sempre minore efficienza dei rami del Po di Volano e del Po di Primaro. Il nuovo Po di Ficarolo nel Trecento sfociava vicino a Donada (località in Provincia di Rovigo) ed iniziava la formazione di una nuova cuspide deltizia che, con i secoli, porterà alla formazione del delta moderno. Tra il XIII e il XVI secolo il Po di Ariano, una diramazione del Po di Ficarolo passante per Ariano (oggi Po di Goro), si articolò in due rami di foce: quello propriamente detto di Goro, verso nord, e quello dell’Abate verso sud, tra i quali era compresa l’isola di Mesola.

 Rete idrografica della Bassa Pianura Padana nel XIII-XIV secolo d.C. (Bn)

 

 L’avanzamento della foce del ramo di Goro determinò la formazione di due lagune: a nord la Sacca di Goro e a sud la Sacca dell’Abate (attuale Sacca di Goro). Con modalità simili si sarebbero formate le valli salmastre presenti presso la foce del Po di Volano (fra cui, ad esempio, l’attuale Valle Bertuzzi). Esse rappresentano, infatti, il residuo di antiche lagune costiere separate dal mare da cordoni dunosi deposti in conseguenza dell’avanzamento della linea di costa; gli attuali lunghi dossi (ad es., il Dosso Bertuzzi nella Valle omonima) che emergono, parallelamente alla costa, all’interno delle valli testimoniano la presenza di antiche dune litorali oggi livellate dalla secolare azione degli agenti atmosferici.
 

Nel periodo tra il 1566 e il 1580, per prosciugare la grande area paludosa che si era formata tra Copparo, Codigoro e Mesola (Polesine di Ferrara o di San Giovanni) e fornire terreni all’agricoltura, gli Estensi attuarono il progetto di bonifica noto come Grande Bonificazione Estense. La Bonificazione fu effettuata con il metodo dello scolo, tecnica mediante la quale le acque paludose vengono fatte defluire in fossi, canali e collettori emissari e portate verso il mare. Per consentire il deflusso a mare delle acque di scolo, come opere principali furono scavati i Canali Bentivoglio e Alfonso (prosecuzione del preesistente Canal Bianco) e costruite la Chiavica dell’Abate e quella di Volano.

 

Alla fine del Cinquecento i veneziani, approfittando dell’ancora instabile situazione politica di Ferrara, attuarono un progetto studiato da tempo: effettuare il taglio del Po delle Fornaci nella località di Porto Viro (opera nota come Taglio di Porto Viro). L’abbondanza di finanziamenti e uomini impegnati nell’opera consentì la conclusione del Taglio in breve tempo: il 18 settembre 1604 venne aperto il nuovo letto artificiale e il fiume poté così raggiungere il mare attraverso questo più breve percorso. Il Taglio ebbe grandi conseguenze sull’assetto del territorio ferrarese e sulle opere della Grande Bonificazione: il Porto e la Chiavica dell’Abate vennero rapidamente interrati dalle deposizioni di sabbia, mentre il Porto di Volano e la chiavica omonima furono sommerse dalle acque marine. L’inefficienza che si venne così a determinare nel sistema di scolo fu ulteriormente aggravata da un concomitante peggioramento del clima, con conseguenti alluvioni, e dalla subsidenza del territorio, tanto che nel giro di pochi anni si ebbe il fallimento di quest’opera di bonifica e il ritorno degli acquitrini.

Rete idrografica del Delta Padano verso la fine del XVI secolo d.C. (Bn)

 Rete idrografica della Bassa Pianura Padana nel XVII-XVIII secolo d.C. (Bn)

 

All’inizio del Settecento la foce del Po di Goro iniziò il proprio interramento e, contemporaneamente, si ebbe la formazione di una nuova foce ad ovest del paese omonimo. Quest’ultima, non essendo sufficientemente profonda per essere navigata, venne chiusa (“Po Morto” di Goro) e il ramo vecchio del fiume venne rimesso in funzione, causando un’ulteriore avanzamento della linea di costa in direzione sud-est. Questa situazione determinò l’allungamento del tratto terminale del Canal Bianco e, per migliorare il deflusso di quest’ultimo, nel XVIII secolo fu costruita Torre Palù. Il continuo apporto sedimentario provocò un ulteriore avanzamento della linea di costa che portò, ai primi dell’Ottocento, la foce del Po di Goro all’altezza dell’attuale Gorino e, alla metà del secolo successivo, fece raggiungere la posizione odierna, quando si delineò la morfologia attuale della Sacca di Goro.
 

Nel corso del Novecento si assistette ad un numero considerevole di interventi di bonifica: tra il 1949 e il 1960  vennero bonificate le Valli Romanina, Paluetta e Pioppa (tra Goro e il Bosco della Mesola), Valle Vallesina (a Gorino) e Valle Bonello (a sud di Goro). Nel 1969, presso il Bosco della Mesola, avvenne il tanto discusso prosciugamento di Valle Falce, l’ultimo compiuto nel territorio ferrarese.

 

La subsidenza

 

Con il termine subsidenza si intende il progressivo abbassamento del terreno, dovuto a fattori di origine naturale o artificiale, questi ultimi riconducibili ad attività antropiche.

 

La subsidenza naturale viene identificata come un processo generale che ha determinato l’evoluzione millenaria del territorio padano orientale. Essa è provocata non solo dallo spontaneo costipamento (diminuzione di volume) dei sedimenti incoerenti (specialmente limi, argille e torbe) causato dal peso di quelli sovrastanti, ma anche dai movimenti del substrato roccioso. La subsidenza naturale ha avuto l’effetto, nel bacino padano, di produrre lo sprofondamento di grandi quantità di materiali, di pari passo con l’avvenimento della sedimentazione, fino alla formazione di depositi di migliaia di metri di spessore. Da non dimenticare, sempre come conseguenza della subsidenza, l’allagamento, da parte di acque provenienti dal mare, di territori emersi con la formazione di stagni costieri e lagune (ad esempio, Valli di Comacchio).
 

Fenomeni di subsidenza, anche di notevole entità, sono da attribuire all’intervento dell’uomo, si parla allora di subsidenza artificiale: si tratta quasi sempre di cedimenti estesi della superficie del terreno dovuti soprattutto all’estrazione di sostanze fluide o solide dal sottosuolo, ma può trattarsi anche dell’abbassamento dovuto al costipamento di strati compressibili sotto l’azione di carichi forti ed estesi. La subsidenza artificiale ha avuto, nella Padania orientale, effetti notevoli: abbassamenti permanenti della superficie freatica, provocati dalla bonifica dei terreni palustri oppure, in generale, da interventi connessi all’agricoltura; fenomeni di alterazione chimica delle acque sotterranee e in particolare di quelle freatiche. I processi di erosione marina combinati con la subsidenza  artificiale e con la crisi sedimentaria fluviale 2 hanno quasi completamente arrestato, negli ultimi quarant’anni, l’accrescimento del Delta del Po.

 

 


1 Il Castrum Ferrariae, primo nucleo storico della città di Ferrara, nasce lungo il corso principale del Po, nel punto in cui si formavano il ramo di Primaro e quello di Volano.

2 Il fenomeno è di origine antropica ed è da mettere in relazione, in parte, con la sistemazione idrogeologica dei bacini montani e con la creazione di sbarramenti, ma soprattutto con l’estrazione di ghiaie e sabbie dagli alvei, praticati con notevole intensità nell’ultimo dopoguerra.